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1 Novembre 2023
12:00

La Crisi di Suez del 1956, Israele e le potenze europee contro l’Egitto di Nasser

La crisi di Suez è stato un conflitto avvenuto nel 1956 tra l’Egitto e una coalizione composta da Israele, Francia e Regno Unito. Ripercorriamo la sua storia, analizzando cause e conseguenze della crisi.

A cura di Erminio Fonzo
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La Crisi di Suez del 1956, Israele e le potenze europee contro l’Egitto di Nasser
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Credits: Baycrest, CC BY–SA 2.5, via Wikimedia Commons.

Nel 1956 i governi di Israele, Francia e Regno Unito si accordarono per invadere l’Egitto che, sotto la guida di Gamal Abdel Nasser, aveva nazionalizzato il Canale di Suez e conduceva un conflitto a bassa intensità contro lo Stato ebraico. L’operazione iniziò a fine ottobre, ma non fu portata a termine perché gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica – le due superpotenze emerse dalla Seconda guerra mondiale – imposero agli invasori di ritirarsi. Regno Unito e Francia dovettero accettare che gli equilibri di potere internazionali erano cambiati: le sorti del mondo non si decidevano più a Londra e Parigi, come era avvenuto fino agli anni ’40, ma a Washington e a Mosca. La guerra, inoltre, rese ancora più aspro il conflitto di Israele con il mondo arabo.

Il Canale di Suez e gli interessi europei

Aperto alla navigazione nel 1869, il Canale di Suez è un’infrastruttura di enorme importanza economica e strategica, perché collega il Mar Mediterraneo con l’Oceano Indiano e con il Golfo Persico. Per l’Europa, è una delle vie principali per ricevere le forniture di petrolio.

Fino al 1956 la navigazione era controllata dalla Compagnia del Canale di Suez, di proprietà congiunta dei governi inglese e francese, che ricavava ingenti profitti dai pedaggi pagati dalle navi e ne versava al governo egiziano solo una piccola percentuale.

Il canale di Suez
Il canale di Suez.

Nasser al potere in Egitto

Gli anni ’50 furono un periodo di grandi cambiamenti per l’Egitto. Nel 1952 un gruppo di ufficiali delle forze armate detronizzò il re, instaurando la repubblica, e due anni più tardi un carismatico colonnello, Gamal Abdel Nasser, divenne presidente.

Nasser era fautore di una politica antimperialista e promuoveva l’unione dei popoli arabi contro i nemici comuni. Era profondamente ostile allo Stato di Israele, con il quale l’Egitto, dopo la sconfitta subita nella guerra del 1948, conduceva un continuo conflitto a bassa intensità, caratterizzato da azioni militari reciproche e infiltrazioni di guerriglieri palestinesi in territorio israeliano.

Gamal Abdel Nasser (credit Stevan Kragujevic)
Gamal Abdel Nasser. Credits: Stevan Kragujevic.

Nasser gestiva il potere in maniera dittatoriale, ma cercò anche di laicizzare e modernizzare l’Egitto. Uno dei suoi progetti era la costruzione di una diga sul Nilo, presso la città di Assuan, allo scopo di estendere la terra coltivabile e produrre energia elettrica. Per realizzare l’opera, Nasser chiese dei prestiti agli Stati Uniti e al Regno Unito, che si dichiararono disponibili a concederli. Nel 1955, però, i governi dei due Paesi cambiarono idea e rifiutarono di finanziare la diga, perché Nasser aveva stretto rapporti con l’Unione Sovietica e con i suoi alleati, acquistando da loro grandi partite di armamenti.

Nasser cercò allora un’altra strada per costruire la diga e il 26 luglio 1956 annunciò la nazionalizzazione della Compagnia del canale di Suez.

L’accordo di Sèvres

Per i governi di Londra e Parigi la nazionalizzazione fu un duro colpo sia sul piano economico, sia su quello dell’immagine. I tentativi di mediazione fallirono e gli anglofrancesi, dopo alcune discussioni, decisero di intervenire militarmente. Per giustificare l’attacco e trovare un casus belli si rivolsero al nemico giurato dell’Egitto: il governo israeliano. Dal 22 al 24 ottobre 1956 i rappresentanti di Francia, Regno Unito e Israele si incontrarono segretamente a Sèvres, nei pressi di Parigi, e stabilirono il seguente piano: Israele avrebbe invaso l’Egitto; Francia e Regno Unito sarebbero intervenuti con il pretesto di agire come forza di interposizione, schierandosi così sul Canale di Suez e riprendendone il controllo.

David Ben Gurion, il Primo ministro israeliano che partecipo alla conferenza di Sevres
David Ben Gurion, il Primo ministro israeliano che partecipo alla conferenza di Sèvres.

La Guerra di Suez

Per alcuni giorni tutto andò secondo i piani. Il 29 ottobre l’esercito israeliano invase la Striscia di Gaza e la Penisola del Sinai; due giorni più tardi Francia e Regno Unito, dopo un appello per il cessate il fuoco, fecero intervenire le loro forze armate. Aerei ed elicotteri decollarono dalle portaerei schierate nel Mediterraneo e diedero avvio al bombardamento delle infrastrutture militari egiziane. Nasser fece affondare alcune navi nel Canale, bloccando la navigazione, ma non riuscì a respingere l’attacco. Le forze israeliane conquistarono quasi tutta la Penisola del Sinai e si fermarono a dieci miglia da Suez, per lasciare spazio ai loro alleati. Il 5 novembre i primi soldati anglofrancesi furono paracadutati presso la città di Port Said (all’imboccatura del Canale sul Mediterraneo) e l’indomani altre truppe sbarcarono nella stessa zona. I soldati dei due Paesi europei neutralizzarono le forze egiziane e iniziarono l’avanzata verso Suez, situata all’imboccatura del Canale sul Mar Rosso. La vittoria sembrava a portata di mano.

Le operazioni militari
Le operazioni militari.

Il ritiro

Inglesi, francesi e israeliani non avevano tenuto conto della posizione delle due superpotenze e dei cambiamenti nei rapporti di forza provocati dalla Guerra fredda. Il 5 novembre l’Unione Sovietica, che stava intensificando la cooperazione con l’Egitto, minacciò esplicitamente di intervenire se gli invasori non si fossero ritirati. Anche negli Stati Uniti l’attacco anglo-franco-israeliano era malvisto, perché rischiava di provocare una guerra su vasta scala e appariva una forma di colonialismo europeo “vecchio stampo”, rispetto al quale Washington preferiva servirsi di altri strumenti per fare sentire la presenza dell’Occidente nel mondo. L’attacco, inoltre, fu pressoché contemporaneo all’invasione sovietica dell’Ungheria, che il governo americano condannò: avrebbe perciò avuto difficoltà giustificare l’attacco dei suoi alleati all’Egitto.

Carri armati egiziani distrutti
Carri armati egiziani distrutti.

Il presidente Eisenhower, di conseguenza, chiese agli invasori di ritirarsi, minacciando anche ritorsioni economiche sul Regno Unito. L’ostilità congiunta di Washington e di Mosca non lasciò scelta alla coalizione anglo-franco-israeliana, che fu costretta interrompere le operazioni. Entro dicembre le truppe di Francia e Regno Unito furono rimpatriate e sostituite da una forza di interposizione della Nazioni Unite. Israele completò il ritiro dal Sinai e dalla Striscia di Gaza nel marzo del 1957. Nel successivo mese di aprile, il Canale, ormai saldamente in mani egiziane, fu riaperto alla navigazione.

Le conseguenze della guerra di Suez

Per Nasser, la guerra costituì un grande successo politico: la sua sfida alle potenze coloniali europee e allo Stato di Israele era risultata vincente. La reputazione del presidente egiziano crebbe in tutto il mondo arabo, nonostante l'Egitto fosse stato indebolito sul piano militare l'Egitto, perché i bombardamenti anglofrancesi avevano distrutto la sua aviazione.

Per Francia e Regno Unito l’intervento in Egitto ebbe un esito disastroso: fino alla Seconda guerra mondiale avevano spadroneggiato in tutta l’Africa, occupando vaste porzioni del continente, e nel 1956 scoprirono che il loro peso sulla scena internazionale era estremamente ridotto e che gli unici Paesi in grado di determinare le sorti del mondo erano USA e URSS. La guerra di Suez, non a caso, accelerò il processo di decolonizzazione e nel volgere di pochi anni pressoché tutta l’Africa si rese indipendente dal colonialismo europeo.

Israele subì conseguenze meno pesanti: dopo la guerra era ancora più odiato nel mondo arabo, ma era stato riconosciuto come partner dalle potenze europee e poté portare avanti i suoi piani per diventare una potenza militare.

Fonti
Anne Alexander, Suez and the high tide of Arab nationalism, in “international socialism”, 2006.
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