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29 Novembre 2023
7:07

Piani di spartizione della Palestina, i tentativi dalla risoluzione 181 dell’ONU a oggi

I piani proposti nel corso degli anni per dividere il territorio palestinese e far cessare il conflitto che insanguina la Palestina sono falliti. Le parti coinvolte si accusano reciprocamente della responsabilità del fallimento. Ma quali sono stati i tentativi di spartizione?

A cura di Erminio Fonzo
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Piani di spartizione della Palestina, i tentativi dalla risoluzione 181 dell’ONU a oggi
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La risoluzione 181 dell’ONU, approvata il 29 novembre 1947, prevedeva di dividere il territorio palestinese in due parti, una per gli arabi e una per gli ebrei. La risoluzione, che favoriva soprattutto la parte ebraica, fu rifiutata dagli arabi. La proposta dell’ONU non era il primo tentativo di spartizione, perché già nel 1937 una commissione nominata dal Regno Unito, che governava la Palestina su mandato della Società delle Nazioni, aveva avanzato l’idea di fondare due Stati etnici, uno per gli arabi e uno per gli ebrei. Nuovi tentativi di divisione del territorio sono stati proposti in tempi recenti, ma le due parti non hanno mai trovato un accordo. Inoltre, insieme alla definizione dei confini sussistono altre questioni che rendono ancora più difficile la risoluzione del conflitto israelo-palestinese.

Attenzione: la questione israelo-palestinese è estremamente complessa e delicata e siamo consapevoli che ogni tipo di sintesi rischia di omettere informazioni; pertanto questo articolo va visto nell’insieme dei contenuti che abbiamo proposto e che proporremo nei prossimi giorni. Vi invitiamo quindi a non perderli: potete trovare tutto nella categoria Guerra Israele-Palestina del nostro sito. Sappiate che il nostro scopo è di far capire la situazione geopolitica con la massima neutralità e stimolare l’interesse per ulteriori approfondimenti.

Il contesto storico

L’ipotesi "due Stati per due popoli" fu avanzata per la prima volta negli anni ’30. La situazione era molto complicata. La Palestina era un Mandato della Società delle nazioni gestito dal Regno Unito ed era abitata da una maggioranza araba, che chiedeva l’indipendenza, e da una minoranza di ebrei, che seguivano il movimento sionista e desideravano la fondazione di uno Stato ebraico. Sin dagli anni ’20 si svilupparono tensioni tra arabi ed ebrei e nel 1936 ebbe inizio la Grande rivolta araba contro l’occupazione britannica e l’immigrazione ebraica.

Combattenti palestinesi nella Grande rivolta arabo (credit hanini.org)
Combattenti palestinesi nella Grande rivolta arabo. Credits: hanini.org

Il piano di spartizione del 1937

Di fronte alla sollevazione degli arabi, il governo inglese nominò una commissione, presieduta dal diplomatico William Peel, per analizzare le possibili soluzioni. Nel luglio 1937 la commissione consegnò il suo rapporto finale, secondo il quale non era possibile né continuare l’amministrazione mandataria, né creare uno Stato unico per arabi ed ebrei. Si proponeva, pertanto, di dividere il territorio in tre parti: una ebraica, comprendente la Galilea e una parte della pianura costiera; una sottoposta a mandato internazionale, estesa su Gerusalemme e su un corridoio fino al porto mediterraneo di Giaffa; una araba, comprendente il resto del territorio.

Lo Stato ebraico (in rosso) secondo la Commissione Peel)
Lo Stato ebraico (in rosso) secondo la Commissione Peel.

La proposta fu rifiutata da tutte le parti in causa. L’Alto comitato arabo, principale istituzione politica palestinese, la respinse risolutamente; il XX Congresso sionista, riunitosi in agosto a Zurigo, sostenne che gli ebrei avevano diritto all’intera Palestina, ma una parte dei dirigenti si dichiarò favorevole ad accettare la spartizione come punto di partenza per occupare il resto del territorio. Il governo britannico, dal canto suo, nominò un’altra commissione, che respinse il progetto di spartizione.

Il piano di spartizione dell’ONU nel 1947

La Seconda guerra mondiale e la Shoah cambiarono completamente il quadro della situazione. Il massacro di sei milioni di ebrei europei fece aumentare l’emigrazione ebraica verso la Palestina e in tutto il mondo si fece strada l’idea che gli ebrei dovessero essere in qualche modo ricompensati per quello che avevano subito. Inoltre, i rapporti di forza internazionali cambiarono nettamente, con il declino del Regno Unito e l’ascesa degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Il mandato britannico sulla Palestina non aveva più ragione di esistere, anche perché la Società delle Nazioni, che lo aveva affidato, si era dissolta (al suo posto era nata l’ONU). Nel 1947, mentre infuriavano la guerriglia e il terrorismo, l’ONU nominò un comitato, l’UNSCOP, composto dai rappresentanti di undici Paesi, per esaminare la situazione. Nel suo rapporto finale, il comitato propose un nuovo piano di spartizione, particolarmente generoso verso gli ebrei. Il 56% del territorio, che comprendeva la pianura costiera, la Galilea orientale e il deserto del Negev, sarebbe spettato allo Stato ebraico, nonostante gli ebrei costituissero solo il 33% della popolazione della Palestina. Agli arabi sarebbe toccato il 34% del territorio: la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e una parte della Galilea. Il restante 10%, che comprendeva Gerusalemme, doveva restare sotto amministrazione internazionale.

Il Piano di spartizione del 1947. In giallo lo Stato arabo, in azzurro quello ebraico
Il Piano di spartizione del 1947. In arancione lo Stato arabo, in azzurro quello ebraico.

La proposta presentava evidenti criticità. Anzitutto, i due Stati non avevano contiguità territoriale. Inoltre, nei territori che avrebbero dovuto formare lo Stato ebraico la maggioranza della popolazione era di etnia araba (il 55% circa, contro il 45% di ebrei), il che avrebbe reso necessario un trasferimento di popolazione, mentre non vi erano ebrei, se non in quantità poco significative, nel territorio assegnato agli arabi.

Le reazioni e la prima guerra arabo-israeliana

L’Agenzia ebraica, che fungeva da "governo" degli ebrei palestinesi, accettò il piano di spartizione, sebbene una parte dei dirigenti desiderasse il controllo dell’intera Palestina. Il piano, però, fu respinto dall’Alto comitato arabo e dai Paesi arabo-musulmani, che in quella fase fungevano da “patroni” del popolo palestinese. Gli arabi non respingevano solo il piano dell’Onu, ma, in larga maggioranza, rifiutavano qualsiasi spartizione, perché ritenevano di essere i legittimi "proprietari" del territorio, che abitavano da molti secoli.

Ciò nonostante, il 29 novembre 1947 l’Assemblea dell’Onu mise ai voti la risoluzione 181 per l’approvazione del piano di spartizione, che passò con 33 voti a favore, 13 contrari e 10 astenuti.

Risoluzione 181. Verde a favore, Giallo astenuti, Rosso scuro contro, Rosso assente, Grigio non membri Onu
Risoluzione 181. Verde: Stati a favore, Giallo: Stati astenuti, Rosso scuro: Stati contrari, Rosso: Stati assenti, Grigio: Stati e territori non membri dell’Onu.

La risoluzione non significò la pace. Il 14 maggio 1948 il Regno Unito si ritirò dalla Palestina e il leader dell’Agenzia ebraica, David Ben Gurion, proclamò la nascita dello Stato di Israele. I Paesi arabi circostanti invasero il Paese, che respinse l’attacco, costrinse alla fuga gran parte della popolazione palestinese e conquistò un territorio più vasto di quello previsto dal piano di spartizione.

Proposte recenti di spartizione della Palestina

L’idea di dividere la Palestina in due Stati fu messa da parte per molti anni. Nel 1967 Israele occupò anche la Cisgiordania e la Striscia di Gaza (insieme ad altri territori, che avrebbe in parte abbandonato negli anni seguenti), cambiando nuovamente il quadro della situazione. Solo dopo l’avvio del processo di pace degli anni ’90, che prevede l’istituzione di uno Stato palestinese accanto a quello ebraico, sono state avanzate nuove proposte per dividere la Palestina. Lo Stato palestinese dovrebbe essere fondato sulla Cisgiordania e sulla Striscia di Gaza, ma rispetto al 1947 la situazione è completamente cambiata. Israele può negoziare da una posizione di forza, perché controlla militarmente il territorio ed è diventato uno Stato consolidato e dotato di importanti appoggi internazionali. Il popolo palestinese ha preso coscienza della propria identità e conduce in prima persona il confronto con gli israeliani, senza demandare, come in passato, la propria rappresentanza ai Paesi arabi.

Gli accordi di Oslo del 1993-95, con i quali Israele ha ceduto all’Autorità nazionale palestinese l’amministrazione di alcune parti della Cisgiordania e di Gaza, non hanno definito i confini del futuro Stato di Palestina. La questione è stata affrontata in alcuni negoziati successivi, tra i quali le trattative di Camp David del 2000, i colloqui del 2008 e, da ultimo, il piano di pace proposto dall’ex presidente americano Donald Trump. Le proposte prevedono la sovranità palestinese solo su alcuni settori della Cisgiordania, anche a causa della presenza di insediamenti israeliani in vaste porzioni del territorio.

Il piano proposto da Trump. Lo Stato palestinese comprenderebbe le parti in verde
Il piano proposto da Trump. Lo Stato palestinese comprenderebbe le parti in verde.

La definizione dei confini, inoltre, non è l’unica questione da risolvere. Tra gli altri problemi vi sono lo status di Gerusalemme e il ritorno dei profughi palestinesi espulsi durante la guerra del 1947-48, sui quali le due parti sono in forte disaccordo. Per tali ragioni, la pace appare quanto mai lontana.

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