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4 Novembre 2023
8:00

Anche l’ambiente è vittima delle guerre: i danni ambientali dei conflitti

Le guerre portano morte, distruzione e drammatiche conseguenze economiche, ma anche impatti sull’ambiente che durano anni e hanno ripercussioni sulle popolazioni e sulla salute umana.

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Anche l’ambiente è vittima delle guerre: i danni ambientali dei conflitti
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Ogni guerra ha un prezzo in termini di perdite umane, devastazioni e crisi economica, ma c'è un costo, anche rilevante, che spesso non viene calcolato o, quantomeno, è sottovalutato: l'impatto ambientale dei conflitti. Un’analisi completa delle conseguenze di una guerra dovrebbe includere i danni provocati ad acqua, aria e suolo con gravi ripercussioni sulla salute umana e sulle specie animali e vegetali. Si parla di misure globali per la lotta al cambiamento climatico e di provvedimenti per ridurre la concentrazione di CO2 in atmosfera, eppure non si considerano gli effetti che anche un singolo bombardamento provoca sull’atmosfera.

Gli impatti delle guerre sull'ambiente

I conflitti hanno effetti su tutte le matrici ambientali: aria, acqua e suolo, nonché su fauna e vegetazione. Vediamoli nel dettaglio.

Le conseguenze per l'aria

Tutti i mezzi di terra e di aria, le attrezzature militari e le navi da trasporto richiedono il consumo di ingenti quantità di carburante con conseguenti massicce emissioni di CO2 in atmosfera.  Ogni esplosione produce elevati quantitativi di polveri e gas che inquinano l'aria e sono trasportate dai venti. Anche le sole attività militari in tempo di pace hanno effetti rilevanti; secondo un recente rapporto di Emergency, tra il 2001 e il 2017 si è stimato che il Dipartimento di Stato americano abbia emesso 1,2 miliardi di tonnellate di CO2 (pari alle emissioni annue di 257 milioni di automezzi). Un gruppo internazionale di ricercatori, coordinati dall'olandese Lennard de Klerk, ha calcolato che, durante il conflitto in Ucraina, solo nei primi 7 mesi le emissioni ammontavano già ad almeno 100 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.

Le conseguenze per il suolo

Il fattore principale di contaminazione chimica del suolo è dovuto al contatto con sostanze tossiche introdotte sul terreno deliberatamente o accidentalmente durante il conflitto e in grado di ostacolare qualsiasi uso produttivo per lunghi periodi di tempo. Metalli pesanti, idrocarburi, solventi organici, fenoli sintetici, cianuro e arsenico sono fra gli agenti che più spesso vengono rilasciati a contaminare i terreni. Ampi territori vengono deforestati intenzionalmente per favorire operazioni di guerra e il suolo viene compattato dal passaggio di carri armati e mezzi pesanti. L’impatto degli esplosivi genera crateri con conseguenti effetti sulla conformazione del territorio e sull’erosione del suolo. Gli ordigni inesplosi, i così detti UXO (unexploded ordnance) rendono impraticabili i terreni e causano danni ai civili per anni  rilasciando residui tossici nell’acqua, nel suolo e lungo le catene alimentari. In base ad un report del Ministero della Difesa, ancora oggi in Italia le 12 unità preposte alla bonifica dei residuati bellici eseguono mediamente 2500 interventi l’anno sul territorio nazionale.

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Le conseguenze per l'acqua

Gli inquinanti che percolano dal suolo raggiungono rapidamente i corsi d’acqua e le acque sotterranee inquinando fiumi e falde acquifere. Spesso vengono bombardate dighe o deviati fiumi nell’intento di allagare una zona o, al contrario, ridurre drasticamente la disponibilità di acqua dell’area colpita. A Gaza, per esempio, gli impianti di trattamento delle acque reflue e le stazioni di   pompaggio dell'acqua sono attualmente ferme per mancanza di corrente elettrica; le acque inquinate vengono scaricate in mare e non c'è più accesso all'acqua potabile.

Le ripercussioni su fauna e vegetazione

Gli incendi provocati dai bombardamenti distruggono la vegetazione e gli habitat rifugio per un gran numero di specie. Si contano 280.000 ettari di foreste bruciate o danneggiate in un anno di conflitto in Ucraina. Molti animali muoiono immediatamente, altre specie si riducono drasticamente nel tempo per effetto dell'inquinamento o della perdita di risorse. Conseguenze evidenti sono state riscontrate anche su specie marine in aree interessate da operazioni navali o da esplosioni sottomarine.

Da questa analisi escludiamo il calcolo dei rischi nucleari, visti i devastanti effetti immediati e il perdurare delle contaminazioni da radionuclidi, che possono rimanere immagazzinati nel suolo per decine di migliaia di anni.

Quanto inquinano i conflitti moderni

Vediamo alcuni dati sull' impatto ambientale di conflitti  avvenuti in varie aree geografiche dagli anni '60 in poi e quanto sta impattando sull'ambiente la guerra in Ucraina.

Guerra del Vietnam (1961-1975)

Ha portato alla distruzione di circa 325.000 ettari di superficie, e, in particolare, di foreste di mangrovie che ospitavano una grande biodiversità.  Quasi 2 milioni di ettari del Vietnam del Sud sono stati trattati con erbicidi (Napalm e altri) con i quali è stata distrutta la copertura forestale, i campi coltivati e svariati habitat naturali.

Guerra Civile in Sudan (1983-2005)

Ha avuto non solo un impatto immediato sull’ambiente, ma ha obbligato a spostamenti di grandi masse di popolazione. Oggi il Sudan deve far fronte a continue inondazioni, per effetto della deforestazione del bacino superiore del Nilo azzurro avvenuta durante la guerra.

Prima Guerra del Golfo (1990-1991)

700 milioni di litri di petrolio si riversarono nel Golfo Persico e circa 300 km di costa del Kuwait e dell’Arabia Saudita furono coperti di greggio, con conseguente danneggiamento di zone umide e di paludi e morte degli esemplari di animali selvatici presenti. Gli iracheni sabotarono circa 600 pozzi di petrolio, a causa degli incendi dei pozzi furono rilasciate nell’atmosfera circa mezzo miliardo di tonnellate di anidride carbonica, determinando l’inquinamento dell’aria perfino in India.

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Guerra in Iraq (2003-2011)

Durante i bombardamenti del 2003 furono distrutti i sistemi idrici e igienico-sanitari di molti centri abitati e milioni di tonnellate di liquami grezzi furono scaricati nei fiumi; molti rifiuti industriali, dopo la distruzione delle fabbriche, andarono dispersi. Tra il 2014 e il 2017, i combattimenti in Iraq hanno devastato 63 città e 1556 villaggi generando oltre 55 milioni di tonnellate di detriti. Inoltre, resti di uranio impoverito sparsi in diverse località e ridotti in particelle radioattive si spostano ovunque durante le tempeste di sabbia.

Guerra in Ucraina (2022-in corso)

Già la guerra nel Donbass a partire dal 2014 aveva portato alla chiusura di numerose fabbriche e all'abbandono di miniere, aumentando notevolmente il rischio di fuoriuscite tossiche e quindi di danni permanenti all'ambiente circostante e alle acque sotterranee. Attualmente, gli intensi bombardamenti hanno causato incendi di dimensioni tali da essere rilevabili dallo spazio e hanno distrutto foreste e habitat unici. L'Ucraina, tra l'altro, vista la sua estensione ospita ben 6808 aree naturali protette e circa il 35% della biodiversità continentale Europea.

Non sono pochi gli effetti che un conflitto può avere sulla biodiversità. Sono particolarmente minacciati dalla perdita degli ambienti forestali specie rare come l'orso bruno euroasiatico,  la lince euroasiatica e il bisonte europeo. Per quanto concerne le coste, si stima la perdita di numerose specie di uccelli e di circa 50.000 cetacei morti. Il rumore delle navi militari e dei bombardamenti in mare e sulla costa disorientano questi animali, di fatto decretandone la morte nel breve o lungo termine.

Oltre a questo va sottolineato che l’Ucraina ha un elevato tasso di contaminazione dei suoli: molti terreni sono inutilizzabili per ordigni inesplosi o per la massiccia presenza di sostanze tossiche come il fosforo bianco. Il costo di tutto questo in termini di danni è stimato attualmente da alcuni ricercatori pari a circa 46 miliardi di euro.

Si potrebbero fare molti altri esempi su questo problema visto il gran numero di conflitti in corso nel mondo.

Cosa si sta facendo per limitare i danni

Ovviamente limitare i danni di un conflitto è sempre auspicabile, ma è difficile da realizzare. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 5 novembre 2001, ha dichiarato il 6 novembre la Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell'ambiente in guerra e conflitto armato.

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Nel 2013 poi un gruppo di scienziati internazionali ha firmato un appello per proporre una Convenzione Internazionale al fine di sostenere la protezione ambientale durante i conflitti; così la  Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite ha avviato un programma di lavoro su questo tema con il progetto Protection of the environment in relation to armed conflicts (PERAC), ma la strada da percorrere è ancora molto lunga.

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