
In futuro l'estate nell'emisfero nord potrebbe durare sempre di più, arrivando fino a sei mesi entro la fine del secolo. Non è sempre facile immaginare cosa potrebbe significare un aumento di pochi gradi della temperatura superficiale terrestre per la nostra vita quotidiana. Eppure, tra i numerosi effetti del riscaldamento globale vi è anche una modifica della durata delle diverse stagioni, tra cui anche l’estate. Uno studio del 2021 condotto da ricercatori dell'Accademia Cinese delle Scienze Meteorologiche sostiene infatti che l'estate nell'emisfero nord potrebbe durare anche sei mesi entro la fine di questo secolo. Il fenomeno avrebbe impatti enormi sull'ambiente, sull'agricoltura, sull'economia e sulla nostra salute.
I risultati dello studio sulla durata dell'estate e dell'inverno
La ricerca, pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters, ha evidenziato che la regione mediterranea e l'altopiano tibetano hanno sperimentato i maggiori cambiamenti nei loro rispettivi cicli stagionali. Le estati stanno diventando sempre più lunghe e più calde, mentre gli inverni più brevi e più miti a causa del riscaldamento globale.
Per studiare i cambiamenti nella lunghezza delle stagioni e le date in cui iniziano, i ricercatori hanno esaminato i dati meteorologici giornalieri raccolti tra il 1952 e il 2011. Per definire l'inizio dell'estate hanno scelto il momento in cui si registra il 25% di temperature più alte della norma. Al contrario, per l'inverno, è stato scelto il momento in cui viene registrato il 25% di temperature più basse della norma.
La durata media dell'estate è aumentata da 78 a 95 giorni, mentre l'inverno è diminuito da 76 a 73 giorni. Anche le lunghezze della primavera e dell'autunno sono diminuite, rispettivamente da 124 a 115 giorni e da 87 a 82 giorni. Di conseguenza, la primavera e l'estate ora iniziano prima, mentre l'autunno e l'inverno iniziano più tardi. Al momento le estati sono circa il 20% più lunghe rispetto agli anni '50, mentre per la fine del secolo potrebbero arrivare fino al 50% più lunghe.

L'allungamento dell'estate in Australia
Incendi mostruosi, caldo opprimente, siccità senza precedenti: una delle aree del pianeta che si sta già misurando con questa alterazione della durata effettiva delle stagioni è l’Australia. Qui nel corso degli ultimi 20 anni l'inverno è diventato in media 23 giorni più corto, mentre l'estate è diventata 31 giorni più lunga rispetto a quanto osservato nel periodo 1950-1969, utilizzando come date ufficiali di inizio quelle delle stagioni meteorologiche (l’inverno il 1° dicembre, la primavera il 1° marzo, l’estate il 1° giugno, l’autunno il 1° settembre).
Confrontando le temperature giornaliere del periodo 1950-1969 (ponderate con le medie dei giorni precedenti e successivi per tenere conto della variabilità naturale) con quelle del 1999-2018 è emersa una clamorosa discrepanza. Dove le quattro stagioni duravano tre mesi ciascuna, l'osservazione mostra ora un'estate che va dal 14 novembre al 15 marzo, ovvero lunga 121 giorni. L'inverno, che iniziava il 1° giugno e finiva il 1° settembre (92 giorni), si è ridotto a 69 giorni, tra il 12 giugno e il 20 agosto.

E in alcune zone dell’Australia la situazione è anche peggiore. Sulla costa orientale del Nuovo Galles del Sud, l'estate si è allungata di 47 giorni, o quasi 7 settimane, e l'inverno si è ridotto a 51 giorni rispetto alle temperature del 1950-1969. Il record è detenuto da Eucla, nell’Australia occidentale, dove l'estate dura ora 139 giorni (4 mesi e mezzo).
Oltretutto, confrontando le temperature degli ultimi 5 anni con quelle degli ultimi 20 anni, è emerso che le estati continuano ad allungarsi a un ritmo preoccupante.
Le possibili conseguenze di un'estate sempre più lunga
Secondo i modelli climatici che i ricercatori hanno applicato ai loro dati e ai loro risultati per prevedere il ciclo delle stagioni nei prossimi decenni, entro il 2100, l'inverno non dovrebbe durare più di due mesi, mentre l'estate potrebbe durare in media 166 giorni. Tutto ciò se non si farà nulla per limitare rapidamente le emissioni di gas serra e con esse dunque il riscaldamento globale antropogenico.
Per fare qualche esempio, sono già stati osservati numerosi cambiamenti nell'ambiente circostante. Gli uccelli che modificano i loro schemi di migrazione o le piante che fioriscono in tempi diversi. Parliamo di cambiamenti che potrebbero creare degli squilibri tra gli animali e le loro fonti di cibo, in grado quindi di sconvolgere interi ecosistemi. Per quanto riguarda l'agricoltura, possono verificarsi più eventi meteorologici estremi con conseguenti maggiori danni ai raccolti. Un cambiamento che sta già avvenendo.
Ma a rischio sarebbe anche la salute umana: una stagione di crescita più lunga significherebbe infatti anche più polline e allergie. Le zanzare portatrici di malattie potrebbero espandere la loro influenza negativa verso nord. Le ondate di calore (che già causano molte morti ogni anno) e gli incendi boschivi potrebbero aumentare.
