La guerra tra Russia e Ucraina continua senza sosta ed è arrivata ormai al secondo anniversario e all'inizio del terzo anno di scontri. Il Medio Oriente si è infiammato: Israele è stato accusato dal Sudafrica di genocidio alla Corte di Giustizia Internazionale dell'ONU per le sue azioni militari nella Striscia di Gaza, mentre gli Houthi minacciano il commercio globale, attaccando le navi di passaggio nel Mar Rosso. Sono aumentate le tensioni tra Corea del Nord, Corea del Sud e Giappone e la Cina e gli Stati Uniti sembrano destinati, prima o poi, allo scontro su Taiwan. Insomma, il mondo intero è in guerra o coinvolto indirettamente in conflitti, compresa l'Italia. Per fare una panoramica della situazione, tenendoci lontani da commenti di tipo politico, abbiamo intervistato Mirko Campochiari, analista e storico militare del think tank e canale Parabellum, e il Generale dell'Esercito Paolo Capitini.
Come sta andando la guerra tra Russia e Ucraina
Alessandro Beloli: «Il conflitto russo-ucraino è arrivato all'inizio del terzo anno di scontri anche se, come sappiamo, le prime fasi risalgono al 2014. Da un lato abbiamo la Russia, in cui ci saranno le elezioni a breve; dall'altro, invece, Zelensky ha sostituito il comandante in capo delle forze armate ucraine. Ho due domande: la prima è sull'andamento della guerra e la seconda è sulla possibilità che si possa arrivare in tempi brevi a una tregua o alla pace».
Mirko Campochiari: «Dopo il fallimento dell'offensiva ucraina, il supporto occidentale nei confronti dell'Ucraina è diminuito. Mancano munizioni, i soldati sono stanchi per questioni di rotazione dei reparti e ci sono state varie discussioni sul discorso di una possibile nuova mobilitazione generale. Per quanto riguarda l'andamento della guerra, i russi in questo momento hanno il vantaggio dell'iniziativa praticamente ovunque. Per quanto riguarda, invece, le soluzioni possibili a questa guerra, bisogna capire gli obiettivi dei russi. In questo momento non stanno facendo grandi offensive, anche se la pressione sta aumentando. Quindi probabilmente tenteranno di rafforzare le proprie conquiste di confine, in vista di potenziali futuri negoziati. Dall'altro lato l'Ucraina sta cercando di ottenere degli accordi bilaterali di sicurezza con vari Paesi, dato che al momento non possono entrare nella NATO o nell'UE».
Perché Israele procede con il suo intervento a Gaza?
Alessandro Beloli: «Contemporaneamente il Medio Oriente è in subbuglio e da svariate parti viene richiesto a Israele un cessate il fuoco per ridurre la possibilità che si verifichi una maggior strage di civili all'interno della Striscia di Gaza. Ricordiamo peraltro che Israele in questo momento è sotto inchiesta della Corte Internazionale di Giustizia dell'ONU, su richiesta del Sudafrica, per potenziale genocidio. Cosa spera di ottenere Israele proseguendo il suo intervento militare all'interno della Striscia?».
Gen. Paolo Capitini: «Israele crede di poter vincere e di risolvere la questione israelo-palestinese in modo definitivo, anche attraverso lo strumento della violenza estrema nei confronti dei palestinesi. Che ci riesca – al di là del giudizio morale – è ancora da vedere. Perché, se guardiamo al passato, operazioni militari molto dure e analoghe in realtà hanno solo inasprito il quadro e portato a conflitti successivi».
Il rapporto tra USA e Israele è saldo o si è incrinato?
Alessandro Beloli: «A questo proposito, gli Stati Uniti supportano ancora pienamente Israele o il rapporto si è un po' incrinato?».
Gen. Paolo Capitini: «Gli USA sono nella bizzarra situazione di essere da un lato dei sostenitori materiali di Israele con le armi e con la diplomazia. D'altro canto sono anche i maggiori critici dell'attività che il Paese sta conducendo nella Striscia di Gaza. In questo momento gli Stati Uniti sono colti in un momento di particolare debolezza: da un lato portano avanti un supporto costoso all'Ucraina e a Israele; dall'altro temono la possibilità eventuale, ma abbastanza concreta, che prima o poi comincerà un confronto acceso con la Cina per l'intero Pacifico. Gli Stati Uniti non hanno oggi la capacità di condurre o gestire 2 o 3 crisi geopolitiche contemporaneamente».
I bombardamenti USA alle postazioni Houthi stanno funzionando?
Alessandro Beloli: «Sempre a proposito della questione mediorientale, ci sono gli Houthi, un gruppo politico e militare che controlla le zone cruciali dello Yemen e che, per svariate ragioni, tra cui la richiesta a Israele di un cessate il fuoco, ha cominciato ad attaccare alcune navi di passaggio nel Mar Rosso e quindi a danneggiare il commercio globale. Come sappiamo, Stati Uniti, Regno Unito e altri Paesi hanno cominciato a bombardare le postazioni Houthi. Questa tattica sta funzionando? E che sviluppi potrebbe avere?».
Mirko Campochiari: «Solitamente una risposta simmetrica, cioè quella che porta un esercito classico, nei confronti di una minaccia asimmetrica, cioè quella di una milizia che utilizza tecniche di sabotaggio e di pirateria, generalmente non funziona perché il quantitativo di risorse che si deve disporre per occuparsi della minaccia è sempre spropositato rispetto a ciò che si va a colpire. Quindi sarà molto difficile riuscire a fermare gli Houthi perché non hanno delle installazioni militari o dei depositi così grandi da rappresentare dei veri e propri bersagli. Questo gruppo perciò potrà probabilmente continuare a fare esattamente quello che fa. D'altro canto, la volontà statunitense di portare un attacco di terra non c'è, ma questo genere di minaccia si può provare a sventare solo in questa maniera, pur con tutti i rischi che comporta».
Cosa prevede la missione europea Aspides con l'Italia al comando?
Alessandro Beloli: «A proposito di Houthi, è in avvio una missione difensiva dell'Unione Europea, chiamata Aspides, che dovrebbe essere sotto il comando italiano. Cosa prevede? Ed è vero che, come dicono alcuni, l'Italia sta indirettamente entrando in guerra?».
Gen. Paolo Capitini: «C'è una drammatizzazione eccessiva. La missione è un'appendice di una missione che è già in corso da parecchi anni, che si chiama operazione Atalanta e che si svolge quasi interamente sul Corno d'Africa, per contrastare i pirati somali. Perché si avviano queste missioni? Perché lo consente il diritto internazionale e perché gli attacchi degli Houthi stanno portando al dimezzamento del traffico navale nel Mar Rosso e nel Canale di Suez, con grave danno per i porti e i commerci di Paesi come l'Italia e la Francia. Che cosa fa la missione Aspides? Convince la marina mercantile dei vari Paesi del fatto che quel tratto di mare è ancora sufficientemente sicuro per evitare di dover circumnavigare l'Africa, che costa molto di più in termini di tempo e denaro e avvantaggia i porti nordeuropei. Una guerra è tutta un'altra cosa».
Quanto è probabile un attacco della Corea del Nord alla Corea del Sud e della Cina a Taiwan?
L'intervista è proseguita con altre due domande: la prima riguardante la possibilità che la Corea del Nord possa attaccare la Corea del Sud, la seconda incentrata sul quadrante dell'oceano Pacifico: la Cina di Xi Jinping potrebbe sfruttare il periodo delle elezioni statunitensi in novembre per attaccare Taiwan? Vi consigliamo di vedere il video presente nella parte alta di questo articolo per conoscere le risposte fornite dagli esperti che abbiamo consultato.